Viaggio in Salento, giorno 7: Punta della Suina
Ieri sera abbiamo cenato nel nostro alloggio a Santa Maria di Leuca: linguine agli scampi, trancio di ricciola arrosto, semplicissime e squisite zucchine lesse e barbabietole. Per dolce c’era una millefoglie alla crema pasticcera ancora tiepida, ultraterrena. Il Volpini era contrariato: “Però le foglie qua sono solo due, non dovevano essere mille?”.
Stamattina andiamo a questa sospirata Punta della Suina che incuriosisce tanto il Volpini per le sue acque limpide e il suo panorama caraibico.
Nell’area del parcheggio ci salutano, festose e allegre, due belle ragazze sui vent’anni: sorrridenti, sinuose, sode ed elastiche, con la pelle abbronzata d’oro che spicca sul vestitino minimo, bianco lucente per tutte e due, splendenti e asciutte, non stillano una sola goccia di sudore.
Io mi sono buttata addosso un camicione di lino chiaro di mio marito, con le maniche lunghe che mi coprono fino ai polsi perché mi è venuto l’eritema sulle braccia nonostante la protezione 50; ho i capelli sudici raccolti sotto un cappellone di paglia, la faccia contratta dalla fatica di sudare anche da ferma; sembro un gesuita spagnolo in missione in Paraguay.
Le due piccole smandrappate continuano a salutarci con insistenza e, mentre io ho già voglia di prenderle a schiaffi, mio marito mi dice: “Ma tu guarda quant’è piccolo il mondo! Quelle du’ monelle sono le figlie del nostro vicino di casa!”. “Monelle” in jesino significa “ragazzine, bambine”: sono le due giovanissime figliole del nostro dirimpettaio, che incontriamo tutto l’anno per le scale di casa, a 600 km da qui. Sono venute fin quaggiù per farsi una stagione di lavoro in un campeggio. Brave, gioie, brave, ma tutto il giorno qui sotto il sole, ma vi danno almeno l’acqua, povere creature?
Punta della Suina: bella, sì, però
Il mare di Punta della Suina è bello, in effetti, bello molto. Capisco perché questa spiaggia è tanto desiderata. Io però ho l’eritema e ho dimenticato in albergo il libro che ancora non riesco a leggere, sono di cattivo umore e ho fame. Dunque lascio mio marito a giocare in acqua per un po’, lo osservo mentre fa il morto a galla e lo tengo d’occhio affinché non si allontani troppo dalla riva perché, per come lo vedo bello pacioso e rilassato, potrebbe tranquillamente riaprire gli occhi in Calabria.
Per la prima volta da quando siamo partiti, una settimana fa, penso a casa mia e ai miei due fottutissimi gatti. Forse una settimana è il mio tempo massimo per il trastullo forestiero?
Rinsavire a tavola
A pranzo, mi torna la ragione. Gamberi rosa di Gallipoli e scampi, tartare di tonno con stracciatella e confettura di cipolle rosse, una mezza porzione di spaghetti alle cozze, in una trattoria semplice e genuina che si chiama Casa L’Ariò.
Di nuovo in hotel nel primo pomeriggio, è l’ora del mio caffè in ghiaccio con il latte di mandorla.
Col cazzo che torno a casa.