Il taccuino delle letture (gennaio-luglio 2021)
Tempo fa ho comprato questo “Taccuino delle letture“, una bella iniziativa di Giulio Perrone Editore.
160 pagine, per altrettante schede di lettura: puoi compilare le informazioni sul libro; c’è uno spazio per segnare le date di inizio e fine lettura; c’è uno spazio per appuntare le impressioni; uno spazio per trascrivere qualche citazione.
“Bello, ma non lo userò mai”, ho pensato dopo averlo acquistato, e non per mancanza di letture da annotare, ma per mancanza di tempo: chi legge, chi legge dannatamente, non perde troppo tempo a scrivere di quello che legge. Legge e basta, e non bisogna disturbarlo per alcun motivo. Oppure, se ne scrive, non ha bisogno di farlo su un “Taccuino delle letture”.
Questo taccuino mi sembrava, insomma, un oggettino da collezione, più utile forse a chi ama l’idea della lettura ma di libri ne legge pochi. Come quasi sempre quando mi convinco di qualcosa, mi sbagliavo.
Certo, uno lo sa cosa ha letto di recente, anche senza annotarlo su un taccuino. Ma avere il colpo d’occhio su una sorta di registro, o di elenco, assomiglia a guardarsi in una fotografia.
Tenere un diario di lettura è stato utile, almeno finora, a capire un po’ di più chi sono. Vale quindi quel detto “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, che poi è diventato “Dimmi cosa mangi, …”, “Dimmi cosa ascolti, …” e “Dimmi perché piangi…”, e via cantando.
Insomma, viene fuori che, da gennaio di quest’anno a oggi, ho letto una bella lista di libri. Adoro fare le liste.
Libri letti tra gennaio e luglio 2021
- Lisa Ginzburg, Cara pace (Ponte alle Grazie, 2020);
- Nadia Terranova, Gli anni al contrario (Einaudi, 2015);
- Donatella Di Pietrantonio, L’arminuta (Einaudi, 2017);
- Domenico Starnone, Lacci (Einaudi, 2014);
- Donatella Di Pietrantonio, Borgo Sud (Einaudi, 2020);
- Antonella Lattanzi, Questo giorno che incombe (HarperCollins, 2021);
- Silvia Avallone, Un’amicizia (Rizzoli, 2020);
- Valérie Perrin, Cambiare l’acqua ai fiori (traduzione di Alberto Bracci Testasecca, Edizioni E/O, 2019);
- Gaia Manzini, Nessuna parola dice di noi (Bompiani, 2021);
- Elisa Ruotolo, Quel luogo a me proibito (Feltrinelli, 2021);
- Nicoletta Verna, Il valore affettivo (Einaudi, 2021);
- Claudio Piersanti, Quel maledetto Vronskij (Rizzoli, 2021);
- Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza (Mondadori, 2021);
- Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani, 2021);
- Emanuele Coccia, Filosofia della casa (Einaudi 2021);
- Emanuele Trevi, Due vite (Neri Pozza, 2020);
- Pia Pera, L’orto di un perdigiorno (Ponte alle Grazie, 2003);
- Frances Hodgson Burnett, Il giardino segreto (traduzione di Pia Pera, Salani, 2005);
- Mario Desiati, Spatriati (Einaudi, 2021);
- Paolo Milone, L’arte di legare le persone (Einaudi, 2021).
Sono in lettura: Emmanuel Carrère, Yoga (traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala, Adelphi, 2021) e Nicola Lagioia, La ferocia (Einaudi, 2014).
Non dico dei libri in attesa di lettura: non li ho ancora registrati nel Taccuino. Tra i titoli sul comodino, comunque, ce ne sono parecchi di Pia Pera, scoperta e innamoramento di quest’anno; gli altri candidati allo Strega da poco concluso; altri bravi autori italiani contemporanei come Mario Fillioley, Tommaso Giagni; qualche classico come “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar – che no, non ho ancora mai letto, – e ho in programma la rilettura integrale della saga delle “Piccole donne”, perché fu un grande amore della mia infanzia come “Il giardino segreto” da poco riletto, e perché la prossimità del mio quarantesimo anno mi sta facendo indubbiamente del male, mi pare evidente.
Rispetto alle mie letture, tiro qualche sommaria e provvisoria conclusione su:
1. Paese
per ragioni insondabili, tendo a restare in Italia. Una cosa che mi succede già da qualche anno. E non va bene. Però, poi, tra i libri in attesa c’è la raccolta di “Fiabe svedesi” pubblicate da Iperborea. Dico: svedesi.
2. Genere
Fatta eccezione per un saggio, i libri che leggo sono perlopiù romanzi, con qualche incursione nel memoir e in terre restie alla classificazione di genere.
Anche questo fatto, del leggere quasi solo romanzi, mi è consueto e dev’essere legato all’avversione che, tra università prima e lavoro poi, ho maturato nei riguardi di saggistica, manualistica e parecchia altra roba che finisce in -ìstica.
Non saprei dirlo meglio di così: trovo più verità in un romanzo che in qualunque altro scritto.
3. Identità
Sto leggendo più autrici che autori, e questa per me è una tendenza nuova.
C’era davvero troppo testosterone nelle mie letture. Siete bravi, scrittori, bravi sul serio, ma quanto ve la tirate. E più siete bravi, più ve la tirate, recitando (male) la parte di chi non se la tira affatto. Mi dispiace dirlo, ma le scrittrici, in questo senso, sono più oneste: sono brave, brave sul serio anche loro, e se sanno di esserlo non hanno problemi a tirarsela. Altrimenti, non se la tirano e basta, facciamola finita.
4. Editoria
Sto trascurando le piccole e piccolissime case editrici, che hanno cataloghi meravigliosi e coraggiosi.
5. Epoca
Sono molto concentrata sul mio tempo presente. La lettura è, invece, una delle poche circostanze in cui vivere nel passato non è malsano.
Dove diavolo sono andate a finire le mie letture dei classici? Perché ho smesso?
6. Economia
Mi merito non uno, non due, ma almeno cinque zaini dei regali estivi di Einaudi. Quest’ultima conclusione facile facile, la devo al Taccuino delle letture.
Quando qualcuno mi dice che “leggere costa”, mi trovo completamente d’accordo.