Ricominciare dalla fine. Diario dell’ultima mattina dell’anno
Mattina dell’ultimo dell’anno, 31 dicembre 2024, appena le nove.
Sono di passaggio a Macerata, città marchigiana che conosco poco e che – come scoprirò oggi – sottovaluto molto. La mia ultima volta qui è stata l’estate scorsa, a luglio, in occasione della Turandot allo Sferisterio. In effetti, per me Macerata è sempre stata solo due posti: lo Sferisterio e, fino a un paio di anni fa, il Teatro della Filarmonica.
Ho una manciata di ore a mia completa disposizione, voglia di scoprire qualcosa di bello e lo spirito assetato. C’è il sole. Sono sola, in mia compagnia, una compagnia che negli ultimi tempi è stata davvero sgradevole e poco preziosa, e che è ora di iniziare a risignificare.
Dopo una colazione da Fior di Grano, comincio.
1. «Cose perlopiù inutili ma belle»
Passeggiando lungo il Corso della Repubblica vengo attratta da una lavagnetta esposta sulla strada. C’è scritto col gesso: «Vendiamo cose perlopiù inutili ma belle». Il messaggio è rivolto a gente come me. È così che scopro l’Emporio Ultrafragola, che di bellezza vive e resiste, chissà come, dal 2014.
Naturalmente compro un regalo inutile e bellissimo per una mia amica.
2. Vinili: tornare a casa senza comprarne un altro di Edith Piaf
La sfida con me stessa è riuscire a entrare senza comprare nulla in due negozi di vinili che si trovano l’uno accanto all’altro in Corso della Repubblica: Jukebox all’Idrogeno e The Sound & Mecca Shop. Ci riesco solo perché ho già fatto un acquisto da Ultrafragola e ho in mente di comprare libri più tardi.
Entrambi i negozi meritano una lunga visita approfondita.
3. Due vie, tre librerie
Di solito, il primo impatto che una città ha su di me comincia da due elementi: il numero delle librerie e la presenza di posaceneri negli spazi pubblici.
Librerie a Macerata, tante (posaceneri pubblici, pochi). Solo tra Corso della Repubblica e Corso Matteotti se ne incontrano tre: una Giunti, una Feltrinelli e, proprio di fronte a questa, la Bottega del Libro, libreria indipendente dal 1966. È qui che mi faccio un giro soddisfacente e, prevedibilmente, compro un paio di libri con cui iniziare l’anno – come se a casa non ne avessi già una cinquantina in attesa di lettura.
4. Sulle strade delle Marche all’epoca del Grand Tour: il Museo della Carrozza
Attirata dalla mostra temporanea “Vis-à-vis. Ritratti moderni e contemporanei“, entro ai Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi per la mia prima volta e m’innamoro invece del Museo della Carrozza.
Il biglietto per visitare l’intero polo museale di Palazzo Buonaccorsi costa 9,50 euro, ma io entro gratis grazie alla mia Carta Europea della Disabilità: il cancro non ce l’ho più, almeno per ora, ma la carta della disabilità sì ed è ancora valida perché sono una paziente oncologica in follow-up. Lo dico da un pezzo, che noi pazienti oncologici siamo delle creature privilegiate.
Istituito dal Comune di Macerata nel 1962, il Museo della Carrozza conserva oltre una ventina di carrozze di diverse epoche, fino a una portatina a mano del Settecento. Me ne stupisco al punto di decidere di approfittare dell’installazione interattiva che simula l’esperienza di un viaggio in carrozza: si può scegliere un percorso tra quelli proposti, prendendo la corrispondente cartolina e inserendola in un dispositivo che legge il codice QR. Entri in carrozza e inizia il tuo viaggio, tra gli sbatacchiamenti della vettura che riproduce l’attraversamento di una mulattiera dissestata e le immagini che scorrono oltre il finestrino.
Io ho scelto di vedere i Monti Sibillini da Macerata.
Per finire, andando via, becco la mostra fotografica di Nidaa Badwan, The Saving Light, ospitata al primo piano nelle sale della sezione Arte antica e nella Galleria dell’Eneide. È un piccolo gruppo di fotografie “site specific” realizzate immaginando un dialogo con Palazzo Buonaccorsi.
Mi piacciono quasi tutte e trovo risonanze con il mio momento. Questa qui sotto è Rinascita (2024).
La mattinata mi ristora e mi procura uno stato di benessere che dura almeno fino al primo pomeriggio. Poi niente, c’è il Capodanno di mezzo, la gente, i botti, la musica in piazza, i cattivi propositi, lo spumante, i bilanci insensati e inutilizzabili di questo 2024 che per me conclude ciò che con gli amici ho chiamato il Biennio della Disperazione.
Entro nel nuovo anno tutta intera, e questo basta.
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