Viaggio in Salento, giorno 5: da Otranto a Porto Badisco
Ieri sera, dopo la frisa col polpo de’ La Polperia e uno sguardo indiscreto e invidioso alla gente che cenava in barca, siamo andati al concerto di Enza Pagliara.
Con lei c’erano Dario Muci, Antonio Calsolaro, Massimiliano De Marco, Paolo Ricciardi e una gemma di storia e tradizioni: il Coro Popolare di Terra d’Otranto, un gruppo di contadini, pescatori, agricoltori, donne e uomini con il doppio dei miei anni e il triplo della mia energia, che hanno cantato privi di tecnica e ricchi di sincerità, recitato e raccontato storie in dialetto.
Tutto il pubblico era felice. I giovani, anche i molto giovani, adolescenti, conoscevano le parole di tutti i canti popolari, ballavano la pizzica, e incoraggiavano i loro nonni e bisnonni a cantare più forte. Io piangevo.
Stamattina, da Otranto verso sud. Il mio itinerario prevedeva una tappa alla cava di bauxite, di cui sanno in pochi, e una gita alla Baia delle Orte, poco turistica e molto selvaggia.
Il tragitto per arrivarci dal parcheggio, però, non lo avevo approfondito in anticipo: una camminata di circa venti minuti su un sentiero di campagna, terra rossa, pietre e sole furioso – da fare, nel nostro caso, con una grossa borsa da spiaggia e zaini in spalla. Mio marito non mi ha rivolto la parola per tutto il percorso e ciò mi ha facilitato il cammino. Quando siamo arrivati alla baia, però, ha sorriso.
Acqua fredda e meravigliosamente pulita, rocce e ghiaia, cielo turchino e buon vento (“Salentu: lu sule, lu mare, lu jentu“).
Il mio cellulare non ci ha capito più niente, mi ha detto che mi trovavo in Grecia, che era mezzogiorno e che da quel momento mi sarei arrangiata senza di lui.
Oltre a noi, solo una coppia di svizzeri di lingua francese, più o meno nostri coetanei. Lei gridava di gioia a ogni granchio che avvistava tra le rocce. Con lo stesso entusiasmo, poi, ci ha mostrato la foto che aveva scattato poco prima a una biscia, una serpe, una vipera, non si sa, incontrata proprio lungo il percorso per arrivare, che poi è lo stesso per tornare indietro. La mia ofidiofobia si è risvegliata tra le risate gioiose della svizzera, mentre io ho iniziato a bestemmiare a bassa voce tra i denti e mio marito a ridacchiare stronzissimo. La strada del ritorno me la sono fatta saltellando come una giovane gazzella.
Risaliti in macchina – e baciato io il cruscotto rovente e ringraziato tutti i santi salentini per avermi risparmiato incontri rettili, – siamo partiti per un bagno a Porto Badisco.
Abbiamo pranzato all’Approdo di Enea: ancora niente ricci di mare, per via del fermo pesca fino al 1° luglio (non lo ignorano), quindi ci siamo accontentati di argentini fritti, linguine all’astice e frittura di calamari.
Durante il pranzo abbiamo conosciuto una giovane famigliola di Ancona al tavolo di fianco al nostro. Chiacchiere marchigiane, una conoscenza comune, e il Volpini mi si è emozionato. Non lo posso portare proprio da nessuna parte.